Io e la mia Cicatrice

Oggi, quando mi spoglio e guardo allo specchio la mia immagine riflessa, vedo il mio corpo così com’è.
Lo vedo tutto insieme, non lascio che lo sguardo indugi sulle mie cicatrici.
O almeno non più di quanto non mi concentri sul mio ombelico o sulle dita dei piedi.

Valentina Moro

“Il nostro corpo cambia. Cambia sempre. Cambia da un giorno all’altro. Cambia da un’ora all’altra.”

Dopo gli interventi (3 in un anno) mi sembrava di dover rimettere insieme i pezzi per risentirmi tutta intera. Per riprendere contatto con tutte le mie parti e ritrovare un equilibrio.

Dopo la mastectomia avevo una protesi al posto del seno destro e una cicatrice lunga 8 cm.

Avevo perso la sensibilità lungo tutta la cicatrice e sul capezzolo e non sapevo se l’avrei mai recuperata.

I bendaggi e le medicazioni non mi permettevano di toccare questa mia nuova parte del corpo, ma quando mi hanno tolto le garze per cambiare la medicazione, ancora con il tubicino del drenaggio che spuntava, ho visto una cicatrice che mi sembrava orribile e forse solo allora ho capito cosa era successo. Il mio seno destro non c’era più.

Al suo posto un espansore (dispositivo che, aumentando progressivamente di volume, per effetto del riempimento con soluzione fisiologica, crea lo spazio necessario all’inserimento della protesi mammaria definitiva) faceva capolino dal mio petto.

È stato un momento difficile, ero ancora arrabbiata per quello che mi stava succedendo.

Mi sentivo confusa e incredula. Erano passati poco più di due mesi dalla diagnosi.

Una volta uscita dall’ospedale e liberata dalle bende, ho deciso di partire da quello che mi sembrava più importante: la mia cicatrice e gli esercizi per recuperare il movimento del braccio e della spalla.

Mi sono tonarti in mente gli anni in cui lavoravo in Isokinetic; tutte quelle volte in cui i fisioterapisti “mobilizzavano la cicatrice”.

Non avevo ben chiaro cosa fosse ma sapevo che così avrei contrastato numerosi fastidi come le aderenze e cicatrici molto spesse e doloranti.

Quindi questo è stato il mio impegno verso il mio nuovo corpo: tutte le mattine e tutte le sere prendevo un po’ di gel e iniziavo a massaggiarmi la cicatrice.

L’assenza di sensibilità mi aiutava perché se avessi sentito dolore non so se sarei stata capace di andare avanti.

Valentina Moro Embrace your change Pilates
Proprio attraverso questi gesti quotidiani ho iniziato a toccare la mia cicatrice, il mio nuovo seno cercando di recuperare un contatto.
Era un vero e proprio rituale che piano piano mi aiutava, sentivo di prendermi cura della cicatrice, e non solo di quella sulla pelle.
Mi sembrava di poter fare qualcosa per me stessa, di potermi prendere cura di quella parte così fragile e traumatizzata.

Prendevo tra le dita la cicatrice e la muovevo con delicatezza su e giù, alle volte sentivo un leggero fastidio, ma forse era solo suggestione.

La mia cicatrice non mi piaceva e pensavo non mi sarebbe mai piaciuta.
Ci sono state diverse mattine in cui volevo solo che tutto tornasse come prima.

Volevo che quella ferita sparisse.

Pilates dopo tumore al seno

“Ho imparato che non bisogna mai vergognarsi delle cicatrici, perché ci ricordano che siamo stati più forti di ciò che ha cercato di ferirci.”

Quindi ho iniziato a lavorare con me stessa per accettarla, per non dimenticarmi che quel segno sulla mia pelle raccontava un capitolo della mia vita, non tutto il libro.

Quando ero in crisi e non sapevo se la ferita stesse rimarginando bene, chiedevo aiuto alla mia chirurga. Quando non riuscivo a guardarmi allo specchio, trovavo conforto nel mio compagno. Quando non riuscivo ad alzare bene il braccio, parlavo con l’insegnante di Pilates.

Le persone che mi stavano vicino sono state parte della mia guarigione.
Tanto quanto le medicine. Quanto i dottori.

Questo mi ricordava ogni giorno la fortuna di avere intorno a me persone a cui chiedere aiuto. Io che non ero mai stata particolarmente brava nel farlo. Non avevo alternativa.
Non potevo guidare, non conoscevo il percorso che avevo intrapreso, ero spesso in balia di mille dubbi.

Ecco un’altra cosa che mi ha insegnato la mia cicatrice: a non tenere niente dentro. A cercare risposte, a chiedere aiuto, anche a costo di apparire fragile e vulnerabile (altra cosa che non ho mai molto esplorato nella mia vita prima del tumore).

Quando pratico Pilates il mio seno destro per permettermi di eseguire i vari movimenti, si contrae mostrando la sua asimmetria, dovuta ai punti di ancoraggio della protesi.

All’inizio anche questo faceva male, più al mio umore che al corpo. Mi mettevo top poco scollati o non troppo aperti sotto il braccio perché non si vedesse, usavo piccole imbottiture nei top.

Poi ho capito che sono fortunata a poter fare un push up e che non c’è assolutamente niente di cui io mi debba vergognare.

Negli spogliatoi mi coprivo, poi ho capito che la vergogna e la paura di essere vista sarebbero state presenti finché non avessi deciso di accettare il mio corpo.

Mi ci sono voluti anni, ma una volta accettato che quella che vedo riflessa nello specchio, con tutte le cicatrici sono io, non ho più dovuto preoccuparmi di nascondere il mio seno dalle altre donne molte delle quali, come me, hanno vissuto lo stesso percorso.

Ho capito che ognuno di noi ha le sue cicatrici, che ogni ferita ha la sua storia. Ma ho anche imparato che ci si può lavorare, che si può dare un senso e che si può andare avanti, più forti di prima.

Le cicatrici vanno coccolate, perché raccontano la nostra storia. Così ho scelto di condividere la mia esperienza con altre donne, per comprendere che i cambiamenti possono essere abbracciati e che ci si può amare anche attraverso il Pilates, scoprendo e esplorando il corpo.

Pilates Cambiamento e Accettazione Embrace Your Change
Pilates per la Rinascita

Vuoi (ri)scoprire quelle risorse che hai perso di vista
ma che sono già dentro di te?

Ogni volta che il corpo cambia, che dobbiamo affrontare una sfida, scopriamo quanta forza ci sia già dentro di noi, trovare il modo di tirarla fuori e di usarla non solo nei momenti di estrema urgenza, ma saperla dosare nel quotidiano, fa parte di un percorso da intraprendere insieme con pazienza e amorevolezza verso noi stessi.

Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. Questa tecnica è chiamata “Kintsugi”.

Scrivimi per scoprire insieme il percorso per diventare la migliore versione di te. E ricorda:

“il cambiamento avviene attraverso il movimento,
e il movimento guarisce”.

(J. Pilates)

Da dove iniziare?

Come ti ho accennato prima, quello che stai per iniziare è un percorso per costruire, giorno dopo giorno, la miglior versione di te, accogliendo e valorizzando il cambiamento.

Ci sono diverse strade per trovare il benessere, in questo percorso avrai modo di lavorare sulla tua consapevolezza attraverso il movimento.

Credo sia importante partire dal beneficio che si può ottenere ASCOLTANDO il corpo e SENTENDO cosa succede, perché è il movimento la cosa su cui ti devi concentrare, niente di più.

Gli step saranno questi:

  1. Conoscersi meglio
  2. Sperimentare il movimento
  3. Prendersi un impegno
  4. Avanzare un passo alla volta
  5. Sentire il cambiamento

Io sarò al tuo fianco, nella misura in cui serve a te!

 

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